Categories: Cultura & Spettacoli

A Mondovì, le “Maschere di Afriche lontane” realizzate dai giovani migranti

MONDOVI’. Cinque giovani migranti, ospiti della cooperativa Isola di Ariel di Lurisia, sono stati invitati a produrre opere artistiche che contenessero sia il punto di vista delle loro culture d’origine, sia quello della cultura europea. Per aiutarli in questo compito non semplice – quasi una sfida a guardarsi dentro e a restituire frammenti di vita reale – sono state offerte ai ragazzi cicli di lezioni su tela e su ceramica. Il presidente di Arte Atelier, Sergio Bruno, ha guidato nei locali dell’atelier i ragazzi nella realizzazione delle opere che verranno esposte da domani, sabato 23, alle ore 16, presso il Museo della Ceramica (piazza Maggiore, 1). La mostra Maschere di Afriche lontane – contenente opere artistiche di ottanta tele e venti tondi da parata in ceramica – sarà visitabile fino al 19 luglio.

Il Museo della Ceramica ha organizzato, nei locali della sua unità produttiva, un ciclo di lezioni ed incontri didattici su ceramica sulle avanguardie europee, su alcuni modelli di arte classica e sul contributo delle arti africane alla storia dell’arte mondiale. Il percorso su ceramica è stato organizzato e condotto dal professore Raffaele Mondazzi, scultore e per anni docente all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.

Il direttore del Museo della Ceramica, Christiana Fissore, ha affermato che “contro ogni etnocentrismo e per un’accoglienza dinamica e fattiva, abbiamo ideato e condotto laboratori creativi con libero accesso agli strumenti e alle risorse della nostra sede e di quelle dei nostri partner di progetto. Il lavoro che questi giovani migranti hanno portato a termine con prodotti creativi di grande pregio va oltre il gesto artistico, perché in quel gesto hanno dovuto sintetizzare mondi distanti, a volte dialoganti più spesso introiettati come zone di frizione culturale, hanno dovuto esprimere insieme il disagio di un doppio punto di vista e la risorsa di contenere in loro stessi più di un portato culturale. Il risultato è – ci sembra – una lezione che tutti dovremmo imparare: quella disponibilità a guardare il mondo anche con gli occhi dell’altro, cercando sintesi possibili invece che steccati e confini”.

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