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Nati il 21 luglio: Nuto Revelli, scrittore, partigiano e ufficiale degli alpini

Quando gli venne conferita la laurea honoris causa le sue parole suonarono come un monito: «Volevo che i giovani sapessero, capissero, aprissero gli occhi. Guai se i giovani di oggi dovessero crescere nell’ignoranza, come eravamo cresciuti noi della “generazione del Littorio”. Oggi la libertà li aiuta, li protegge. La libertà è un bene immenso, senza libertà non si vive, si vegeta».

Benvenuto Revelli, per tutti Nuto, nacque esattamente 99 anni fa a Cuneo. Fra un anno la sua città natale organizzerà importanti festeggiamenti in suo onore. Almeno, questo, è quanto si attendono coloro che hanno avuto modo di conoscerlo di persona o semplicemente hanno potuto apprezzare i suoi scritti basati soprattutto su lunghe interviste biografiche con uomini e donne delle vallate cuneesi. Lavori che rappresentano importanti e pionieristici contributi all’affermazione e allo sviluppo della storia orale italiana. Con Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina (1977) e L’anello forte. La donna: storie di vita contadina (1985),  attraverso oltre 270 interviste stenografate e successivamente ribattute a macchina, Revelli ha dato voce ai “vinti” e, attraverso le loro storie, ha riportato all’attenzione un mondo dimenticato e abbandonato. Negli ultimi anni di vita torna sui temi della guerra e della Resistenza, con Il disperso di Marburg (1994), Il prete giusto (1998) e l’ultimo suo volume, del 2003, Le due guerre, che ripercorre i venticinque anni dall’avvento del fascismo al dopo-Liberazione.

Diplomato geometra, nel settembre 1939 Nuto fu brillantemente ammesso alla Regia Accademia di fanteria e cavalleria di Modena. Nel 1942 partì volontario per il fronte russo con la Divisione Tridentina, inquadrato nel battaglione Tirano del quinto Reggimento Alpini; qui il 19 settembre 1942 venne ferito al braccio e si guadagnò una medaglia d’argento al valore militare e una promozione al grado di tenente per merito di guerra. Ricoverato al convalescenziario di Dnepropetrovsk, insistette per poter tornare in prima linea sul Don, a Belogore. Dal 16 gennaio 1943 al 4 febbraio visse la tragedia della ritirata di Russia a Belgorod, partecipando tra le altre alla battaglia di Nikolaevka. In marzo rientrò in Italia, subito ricoverato per una grave forma di pleurite.

Dopo l’8 settembre non ebbe alcun dubbio e aderì immediatamente alla Resistenza. Insieme a Piero Bellino e ad altri ufficiali costituì una formazione partigiana che chiamò “Compagnia Rivendicazione Caduti” proprio in nome dei tantissimi soldati morti in Russia. Nel febbraio del 1944 salì a Paraloup (Valle Stura), sede della banda “Italia Libera” di Dante Livio Bianco e Duccio Galimberti e si unì alle formazioni di Giustizia e Libertà, acquisendo un ruolo di primaria importanza anche in ragione della sua esperienza militare. Fronteggiati i rastrellamenti della primavera a capo della IV Banda, Nuto Revelli assunse quindi il comando della Brigata Valle Vermenagna e della Brigata Valle Stura “Carlo Rosselli”, inquadrate nella I Divisione GL. Con queste forze, nell’agosto del 1944 riuscì a bloccare, in una settimana di scontri violenti, i granatieri della novantesima Divisione corazzata tedesca che puntava al valico del Colle della Maddalena, agevolando così lo sbarco degli Alleati nel sud della Francia.

Dopo la Liberazione sposò l’amatissima Anna, conosciuta prima della guerra, e nel 1947 nacque il figlio Marco, oggi professore universitario di Scienza della Politica.  Tornò ripetutamente nei villaggi da cui provenivano i suoi uomini caduti in Russia e si dedicò al racconto della memoria degli ultimi abitanti di un mondo contadino in dissolvenza. Scrisse anche il testo del famoso canto partigiano “Pietà l’è morta” e a quattro amni collaborò alla stesura della “Badoglieide”. Dalle esperienze della guerra fascista e della lotta partigiana e dall’interesse per la storia vista “dal basso”, trasse di fatto ispirazione per i suoi libri, tutti editi da Einaudi.

Nonostante il carattere schivo (basti pensare che a chi  gli domandava se preferisse essere chiamato scrittore o professore, rispondeva: “Geometra, io sono un geometra”), negli Anni  Ottanta tenne un ciclo di lezioni all’Università di Torino che diventarono un momento formativo di grande importanza per diversi futuri storici e intellettuali piemontesi.

Revelli si spense, dopo una lunga malattia, il 5 febbraio del 2004. E’ tumulato nel cimitero di Spinetta, frazione di Cuneo, accanto alla moglie.

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