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A spasso per luoghi sacri torinesi: la Chiesa della Misericordia, detta anche degli Impiccati

Una sicura attrazione nel campo dell’insolito la offre, a Torino, la Chiesa della Misericordia, o degli Impiccati, una delle più antiche, autentico gioiello del barocco piemontese. Si trova in via Barbaroux 41 e viene così soprannominata dal popolo perché nell’edificio sacro esiste anche la congrega dei «Confratelli della Misericordia», il cui scopo è quello di aiutare gli ex carcerati nel loro reinserimento nella società- In origine però, i confratelli di questa compagnia avevano il compito di accompagnare e confortare i condannati al patibolo sino al «rondò della forca», curarne le successive esequie e far celebrare messe in suffragio delle loro anime. Per l’occasione gli aderenti indossavano lunghi mantelli neri e un cappuccio terminante a punta che ricopriva tutto il viso, tranne due fessure per gli occhi. Sino a non molto tempo fa alcuni di questi mantelli erano appesi in un lato della sacrestia.

Ogni anno, la prima domenica dopo i Santi, gli aderenti alla Confraternita si riunivano, durante la messa delle undici e trenta, per rinnovare il loro impegno umanitario e per l’occasione si vestivano nello stesso modo. Accanto al portale dell’ingresso è ancora, visibile la fessura per le offerte; sotto è stata scolpita la scritta: «Limosina per li carcerati».

All’interno della chiesa, sulla destra guardando l’altare maggiore, vi è una vetrina a dir poco raggelante, dove fan bella mostra di sé: una corda e la carrucola usate dal boia per impiccare i condannati. E’ visibile pure una lanterna, il bicchiere e il crocifisso di San Giuseppe Cafasso (l’amato sacerdote della forca), e due registri delle sentenze con nome, residenza e, qualche volta, età e motivo per cui s’applicava la pena.

Vicino alla vetrinetta accanto ad un altare laterale, si trova ancora la botola di pietra che chiude il pozzo dove venivano gettati i corpi dei giustiziati. Il pozzo, profondo una trentina di metri, contiene ancora molte ossa. Pare che nel cortile retrostante la chiesa di sera si senta uno strano fruscio; mentre qualcuno è disposto a giurare che, essendo il posto impregnato di «anime senza pace», siano gli spiriti dei condannati a provocare questo rumore.

Guardando con attenzione i registri dei condannati si nota che la pena si applicava con maggior frequenza, in seguito a grassazioni, l’aggressione a mano armata a scopo di rapina, ma anche per il semplice «furto domestico». A seconda della gravità del delitto commesso si applicava, prima del supplizio, un «supplemento». È il. caso di un certo “Torzia Già Domenico detto Pìcotonc, giustiziato in Torino, .precedente l’applicazione delle tenaglie, per grasazione con omicidio proditorio e con conseguenti messe, da officiare”. Nessuna messa invece per “Mosino Giuseppe Anto del fu Sebastiano del luogo di Gustino, giustiziato in Torino precedente emenda, et aplicazione delle tenaglie infuocate, indi fatto cadavere e abruciato per avere uccisa sua Madre”.

Ivano Barbiero

Foto da pagina FacebookArciconfraternita della Misericordia Torino

Ivano Barbiero

Giornalista professionista, ha lavorato per 35 anni per l’Editrice La Stampa (Stampa Sera, La Stampa, TorinoSette), scrivendo di spettacolo, cronaca, teatro, arte. Per vent’anni cronista di nera, dal 1990 al 1992 è stato presidente del Gruppo Cronisti del Piemonte e della Valle d’Aosta. Di recente è uscito nelle librerie il suo romanzo noir “Torino. Il guardino dei Cavalieri”.

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