
1925-2025: i primi cento anni della Famija Turinèisa
L’anniversario sarà celebrato con un fitto calendario di appuntamenti culturali nel corso del 2025
Il 2025 si prospetta come un anno folto di importanti eventi, incontri e spettacoli per la Famija Turinèisa, che quest’anno compie i suoi primi cento anni di vita. Il nome della Famija è legato a doppio filo a quello del giornalista Gigi Michelotti (Cirié, 24 agosto 1879 – Torino, 29 luglio 1967), che – in periodi diversi ‒ ricoprì il ruolo di codirettore de “La Stampa” e di direttore de “La Gazzetta del Popolo”. Sul finire degli anni Venti passò all’Eiar: fu voce della trasmissione domenicale Bondì Cerea. Nel 1929 fondò il Radiocorriere (rivista che informava gli abbonati del palinsesto delle trasmissioni radiofoniche) e ne fu il direttore fino al 1943.
Michelotti fu uno dei co-fondatori della Famija: nel 1925 gli venne rilasciata la tessera numero 1. Come giornalista, fondò la rivista “’L Caval ’d Brons”, di cui fu il primo direttore. Fu socio ed animatore anche de “Il Cenacolo”, prestigiosa Associazione culturale torinese che tra il 1930 e il 1960 caratterizzò la vita culturale subalpina, quando ancora la “Ca dë Studi Piemontèis” (Centro Studi Piemontesi) ed il “Centro Pannunzio” non erano stati fondati.
La Famija Turinèisa venne costituita nel Maggio del 1925 nelle sale dell’Associazione Stampa Subalpina che allora aveva sede in Via Carlo Alberto. Il ruolo di Presidente fu assunto dall’avvocato Giulio Colombini. Il sodalizio necessitava di una sede adeguata, che venne stabilita in Contrada di Po, al civico 43:
Ah! Le giòrnà goliarde d’alegressa,
j’ òre ‘d baldoria e ‘d feste an còntrà ‘d Po
con le mascrade pien-e ‘d còntentéssa…
L’attività procedeva con grande frenesia e passione: il numero degli adepti cresceva di anno in anno vertiginosamente, anche con il supporto di una vivace attività editoriale. Il regime gravava però come una spada di Damocle sulle redazioni delle riviste regionali dialettali, sempre in agguato e pronto a censurare ogni articolo da cui potesse trasparire anche solo un sospetto di opposizione al fascismo.
Gli Anni Venti del Novecento sono anni difficili in cui la violenza spesso si manifesta in modo traumatico. A ‘L Caval ëd Brons collabora Francesco Mittone (che firma i suoi articoli con lo pseudonimo Fra Mitena o Alfredo Chin). La Famija fa muro, grazie al rapporto compatto tra i cofondatori – il già citato Gigi Michelotti, l’avvocato Giulio Colombini e l’architetto Giuseppe Bergagna – e il numero crescente di associati e, al momento, resiste.
Colombini fu un appassionato cultore della lingua piemontese e delle tradizioni regionali, e fu uno dei più fervidi organizzatori dei Carlevé ‘d Turin (Carnevali di Torino). Fu Presidente del sodalizio fino al 1952 – anno in cui la carica passò al comm. Guido Rosazza – ma Giulio Colombini mantenne la presidenza onoraria, continuando ad interessarsi con impegno e fervore alla sua Famija, fino alla sua scomparsa, avvenuta il 30 Dicembre 1967, a 89 anni, nella sua abitazione di Via Cernaia 40, assistito dalla moglie e dal figlio.
Un altro attivissimo socio fondatore della Famija fu Arturo Gianetto, che ricoprì per molte edizioni il ruolo di Gianduja del Carlevé ‘d Turin. Grazie all’impegno e alla passione di questi primi soci, la Famija ebbe – come già si è fatto cenno – un grosso seguito, e nel giro di pochi anni i soci divennero cinquemila. Fra i suoi più attivi sostenitori fu Teofilo Rossi di Montelera, erede della Martini & Rossi, che fu Ministro dell’Industria, Senatore del Regno e Sindaco di Torino. L’ente non si limitò a promuovere attività ricreative e culturali, ma altresì si distinse per la sua marcata e nobile attività di solidarietà a sostegno alle popolazioni colpite da alluvioni e calamità naturali.
Negli anni Trenta il regime passò a più stretti giri di vite. Molte Associazioni Culturali vennero messe a tacere, a meno che si adeguassero formalmente alle linee del partito unico, rinunciando però inevitabilmente alla libertà di espressione e di pensiero. Nel 1932 venne emanato un decreto che ordinava lo scioglimento della Famija: a nulla valsero le proteste del principe ereditario Umberto e del sindaco Thaon di Revel: lo scioglimento avvenne in pochi giorni, con immediata dispersione dei beni e degli iscritti.
Dovettero passare tredici anni, con la caduta definitiva del fascismo, perché si ricostituisse la Famija Turinèisa. Nel 1945, a guerra conclusa, l’avvocato Colombini ne assunse nuovamente la presidenza, riunendo quasi tutti i vecchi collaboratori, fra cui l’instancabile Gigi Michelotti.

cofondatore della Famija Turinèisa
Nel dopoguerra si intensificano i movimenti migratori interni verso il Piemonte, dal Veneto, dalla Romagna, e soprattutto dal Sud e dalle Isole. Nascono così altri Circoli regionali, in cui gli immigrati si ritrovano nelle ore libere, e possono parlare il loro dialetto d’origine, ballare le loro danze popolari e tenere vivo il rapporto con le proprie radici. La Famija stringe virtuose relazioni con queste nuove realtà socio-culturali, nella convinzione che ciò possa favorire l’integrazione dei piemontesi d’adozione.
Da cento anni la Famija Turinèisa è protagonista della cultura del territorio, impegnata com’è nella difesa delle tradizioni piemontesi, della lingua regionale, delle sue danze popolari, e non solo nel periodo di Carnevale o della Festa di San Giovanni, il Patrono di Torino.



Gianduja e Giacometta della Famija Turinèisa con il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, dopo l’investitura ufficiale
Ogni anno la nomina di Gianduja e Giacometta avviene con rogito di un notaio della Città vergato nel Palazzo del Comune, alla presenza del Sindaco. Per il 2025, il notaio Francesco Piglione ha rinominato “Gianduja” l’avvocato Marco Raiteri, mentre è stata confermata la dott.ssa Tina Scavuzzo nel ruolo di “Giacometta”. Alle due maschere torinesi spetta un fitto calendario ‒ snodato per tutto il 2025 ‒ di incontri, feste popolari, visite presso Case di Riposo, Istituzioni, ecc., spesso accompagnati da gruppi di Danze Popolari Tradizionali e Storiche, come quello dei “Danseur dël PIlon”, formato dall’Associazione Piemonte Cultura.



Daniela Piazza con Mario Brusa e Sergio Donna alla Sede della Famija Turinèisa
Oltre agli illustri personaggi storici già citati in questo articolo, alla presidenza della Famija Turinèisa si sono succeduti nel tempo personaggi autorevoli e carismatici, protagonisti dello scenario culturale piemontese, come ad esempio Celestina Costa, figlia del grande poeta Nino Costa, cantore della Torino del Novecento in Lingua piemontese. Attualmente la carica è ricoperta dalla inossidabile Daniela Piazza, instancabile e appassionata intellettuale, scrittrice, editrice e organizzatrice di eventi culturali: a lei, dal Febbraio 2022, si è affiancato il dott. Giancarlo Bonzo, già A.D. del Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino.
Presso la sede della Famija Turinèisa di Via Po 43 a Torino, è ospitata l’Accademia Teatrale “Mario Brusa“, diretta dal noto attore torinese Mario Brusa.
In sede, si conserva inoltre una ricca Biblioteca di rari volumi, censita nell’Anagrafe delle Biblioteche italiane. La sede accoglie frequentemente mostre fotografiche, congressi, recital e spettacoli.
Sergio Donna