ENOGASTRONOMIA

Una sorta di Viagra nella Torino del ‘500: la curiosa storia dello zabaione

TORINO. Almeno mezza dozzina di regioni italiane si contendono la paternità dello zabaione (detto anche zabajone e zabaglione), ognuna additando eventi storici che avrebbero dato origine a questa crema giallognola dalla dolcezza straordinaria. Ci sono i perugini che la vorrebbero risalente al 1471 ad opera del capitano di ventura Giovan Paolo Baglioni, signore di Perugia, il quale nei panni di condottiero si accampò alle porte di Reggio Emilia ordinando ai soldati di compiere razzie contro i villaggi delle campagne e riuscirono a prelevare dai contadini la povertà di uova e zucchero. Mescolando gli ingredienti venne fuori un liquido, che il capitano servì ai soldati al posto della zuppa. Il capitano, che si chiamava Giovan Paolo Baglioni, veniva chiamato dal popolo Zvàn Bajòun e da qui zambajoun e poi zabaglione. Al primato si aggiungono i napoletani che farebbero risalire la ricetta al 1450. Ricetta che oggi è conservata presso la Morgan Library & Museum di New York. Ma antiche fonti arrivano anche dalla Lombardia, precisamente da Mantova dove un’antica ricetta venne scritta da Bartolomeo Stefani cuoco di corte della famiglia Gonzaga. E pure i veneziani che da decenni  difendono la paternità veneta dello zabaione: parrebbe infatti che nel XVII secolo in laguna fosse d’uso preparare una bevanda chiamata zabaja, aromatizzata con del vino dolce di Cipro.

Ma noi piemontesi siamo convinti che lo zabaione sia un’invenzione squisitamente torinese e risalente al XVI secolo ad opera di un frate, poi santificato dalla chiesa cattolica: san Pasquale Baylon. Chiamata inizialmente crema di San Baylon, sarebbe divenuta in seguito semplicemente sambayon. Probabilmente non esiste una sola ricetta e un solo inventore e di “inventori” ce ne furono più d’uno. E questo per la semplicità della preparazione e per il numero davvero esiguo di ingredienti utilizzati.

Restando a Torino, dobbiamo fare un salto indietro di cinque secoli. All’epoca in città (in realtà si trattava di un paesone di 15 mila abitanti)  viveva una comunità di frati francescani e, fra questi, lo spagnolo Pasquale de Baylon. Sembra che il monaco fosse piuttosto rinomato nella comunità dell’epoca e che il suo nome corresse di bocca in bocca, principalmente tra le donne subalpine. A renderlo famoso era la ricetta di una crema all’uovo che avrebbe avuto la capacità di risvegliare la sessualità in mariti ormai intorpiditi nel talamo nuziale. Insomma, una sorta di Viagra del Cinquecento. E proprio per questo motivo le signore della Torino del XVI secolo accorrevano alla porta di padre Pasquale e il frate prescriveva loro un afrodisiaco naturale a base di tuorlo d’uovo, zucchero e marsala. Il successo dello zabaione fu immediato e le torinesi iniziarono a tramandarsi la ricetta di madre in figlia, fin tanto che questa non uscì dai confini del regno sabaudo e si diffuse in tutto il mondo. E’ probabilmente questo uno dei motivi per i quali  l’inventore della dolcissima crema venne nominato nel 1722 protettore di tutti  i cuochi e pasticceri del mondo. Ancora ogi, tutti gli anni, il 17 maggio, l’Associazione Cuochi di Torino si dà appuntamento presso la chiesa di San Tommaso, dove il frate prestò i suoi servigi, per onorarne il ricordo. Un altro appuntamento cade circa a metà ottobre, quando i cuochi torinesi si ritrovano in piazza Carignano per una degustazione a base di piatti dolci e salati, dove non può mancare ovviamente lo zabaione. Qualunque sia la verità storica, è comunque un piacere immaginare la Torino del Cinquecento con le sue signore insoddisfatte che andavano a chiedere consiglio a un frate spagnolo per risvegliare gli appetiti dei mariti stanchi.

Ingredienti

Per quattro persone occorrono: 80 g di tuorli d’uovo, 60 g di Marsala secco, 50 g di zucchero. Tempo di preparazione: Tempo di cottura: Tempo totale:

Preparazione

Metodo a bagnomaria. Mettere i tuorli in una ciotola, unire lo zucchero e con una frusta montare il composto fino a quando non risulterà ben gonfio e soffice (si possono usare le fruste elettriche). Aggiungere il vino liquoroso o passito alle uova, continuando a mescolare molto delicatamente. Portare a leggero bollore dell’acqua in un recipiente che contenga un secondo tegamino con il composto dello zabaione e cuocerlo a bagnomaria continuando a lavorarlo con la frusta. Quando lo zabaione incomincerà ad addensarsi, versarlo nelle coppette e consumarlo caldo, a temperatura ambiente o freddo, a seconda dei gusti.

Metodo a fiamma diretta. Occorre utilizzare una casseruola delle giuste dimensioni (18-20 cm di diametro), di acciaio e con fondo spesso. Si cuoce a fuoco medio e bisogna mescolare con la frusta velocemente e cercando di raschiare in continuazione il fondo della casseruola, per evitare che si attacchi. Con un po’ di manualità si otterranno gli stessi risultati. Non è semplice capire quando lo zabaione addensa, perché non essendoci amidi non addenserà in modo molto evidente: si può misurare la temperatura (deve arrivare a 83-85 gradi), ma non è semplice mentre si mescola; anche in questo caso basterà fare un po’ di pratica: lo zabaione addensa quando la schiuma inizia a sgonfiarsi, e va assolutamente tolto se inizia a fare le bolle.

Si accompagna ottimamente con biscotti secchi, comprese le paste di meliga e i torcettini di Lanzo.

 

Piero Abrate

Giornalista professionista, è direttore responsabile di Piemonte Top News. In passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. E’ stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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