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Abbazia di Casanova, una perla barocca sperduta tra i campi di granoturco di Carmagnola

CARMAGNOLA. A metà strada tra Carmagnola e Poirino, quasi sperduta tra vaste distese di granturco nell’aperta campagna, c’è un’Abbazia che non tutti conoscono. La si raggiunge attraverso una dritta e alquanto stretta provinciale che attraversa i campi e li divide – sui due lati – con un taglio netto, che sembra tracciare un solco incoerente tra i raccolti. La carreggiata, ovviamente, è asfaltata, ma pare di vederla ancora sterrata e percorsa da rare carrozze e dai carri agricoli trainati dai buoi.

Perché al Monastero Abbaziale Cistercense di Casanova, il tempo sembra essersi per sempre fermato al Settecento, quando l’edificio religioso, e la relativa chiesa barocca, nella sua forma attuale, vennero restaurati. La firma dell’architetto che ne disegnò il progetto, e lo realizzò tra il 1743 e il 1753, era di Giovanni Tommaso Prunotto di Guarene, noto allievo di Juvarra. Quegli edifici furono riedificati nel più tipico gusto barocco, ma l’Abbazia di Casanova è ben più antica, e la sua originaria costruzione risale addirittura al secolo XII, grazie alla munificenza dei Marchesi di Saluzzo, che la affidarono ad alcuni monaci Cistercensi, affinché nell’isolamento della loro vita di preghiera e di lavoro, potessero bonificare i vasti territori agricoli circostanti.

L’abbazia divenne presso presto un ganglio importantissimo sulle vie degli scambi commerciali tra il Piemonte e la Francia: Emanuele Filiberto di Savoia ed i suoi primi successori intervennero spesso nella scelta e nella nomina degli Abati che si succedevano nel Monastero, essendo questa carica religiosa divenuta molto importante anche dal punto di vista politico ed economico. Sul finire del Seicento, iniziò però la decadenza dell’Abbazia e del suo prestigio: divenne oggetto di ripetuti saccheggi e cadde spesso in abbandono, finché, nel 1792, la Chiesa venne derubricata a semplice parrocchia. Ne divenne proprietario Vittorio Amedeo III.

Il monastero si trasformò in Castello, e in pratica divenne una delle tante residenze di caccia dei Savoia. Nel 1868, dopo il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, l’intero edificio passò in carico al Regio Economato Generale. Nel 1921, fu poi ceduto all’Opera Nazionale Combattenti, che frazionò la tenuta agricola circostante, cedendola a contadini privati. Una parte della costruzione fu assegnata alle Suore Salesiane di Maria Ausiliatrice, che fino al 1970, la destinarono a sede del Noviziato internazionale. Nel 1973, l’Abbazia divenne proprietà della Casanova Spa, con l’intento di recuperare, anche dal punto di vista architettonico, il vasto complesso religioso, ma le spese di manutenzione e di conservazione si rilevarono troppo ingenti.  Nel 1999, in seguito ad un asta giudiziaria tenutasi presso il Tribunale di Torino, l’intero edificio fu così acquistato dalla Onlus Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione, di cui don Adriano Gennari, sacerdote di San Giovanni Battista Cottolengo, è fondatore e animatore.

L’intervento di razionale restauro conservativo concordato con la Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici e Archeologici, su progetto dell’Architetto Fausto Gennari, ha fatto sì che il Monastero Abbaziale potesse tornare pienamente alla sua originaria bellezza estetica e alla naturale destinazione di Casa di spiritualità, Centro di ascolto e di preghiera.

Di domenica pomeriggio, la Chiesa Santa Maria di Casanova si gremisce di fedeli e di pellegrini provenienti da Torino, da Carmagnola, da Poirino e dagli altri paesi vicini, per riunirsi in preghiere e canti. Le lodi sacre riecheggiano tra i muri e la volta dell’edificio religioso, rievocando epoche in cui le manifestazioni di fede erano sicuramente più intense e sentite. Terminata la funzione, il silenzio  e il raccoglimento tornano a pervadere la Chiesa ed il suo incantevole Chiostro, dove 48 colonne binate in granito rosa di Baveno fanno corona agli splendidi saloni con le volte ad intreccio d’archi, tipiche della scuola juvarriana. Il Monastero Abbaziale Cistercense di Casanova val bene una visita. Se ci andate, non potrete far a meno di recitare almeno una preghiera.

 

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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