Curiosità

Sofia e Bengasi tra misteri e curiosità toponomastiche

C’è chi la chiama toponomastica; c’è chi ritiene più corretto chiamarla odonomastica (dal greco hodós, cioè ‘via’, ‘strada’, e onomastikòs, cioè ‘atto a denominare’). In ogni caso, è l’insieme dei nomi delle strade, delle piazze, e più in generale, di tutte le aree pubbliche di un centro abitato, e comprende anche lo studio storico-linguistico dei nomi scelti, in modo da riportarli sulle targhe nella grafia più corretta. Il Comune di Torino ha da secoli un apposito ufficio, l’Ufficio Toponomastica, incaricato di scegliere i nomi cui dedicare strade, giardini, corsi e viali: solitamente si tratta, com’è noto, di personaggi storici illustri, oppure di toponimi o località degne di nota, o che sono state scenario di eventi importanti per la storia della città e del Paese.

Abbiamo già avuto occasione di ricordare, in almeno un paio di articoli pubblicati sulle pagine di Piemonte Top News, alcune singolarità della toponomastica torinese. Una di queste peculiarità riguarda ad esempio la piazza dai due nomi: Piazza Foroni-Piazza Cerignola. Potete chiamarla in un modo o nell’altro.

Un’altra curiosità concerne Piazza Carlina, ovvero la piazza che non c’è (o meglio c’è, ma nessuno la chiama col nome riportato sulle targhe di marmo che la contraddistinguono: Piazza Carlo Emanuele II). C’è poi il caso di Via Cernaia: il toponimo originale russo (Čërnaja) dovrebbe pronunciarsi Ciòrnaia, pronuncia però che i severi e puritani consiglieri comunali dell’epoca imposero di evitare, perché avrebbe ricordato troppo da vicino una parola piuttosto volgare del lessico piemontese, improponibile per il nome di una strada elegante della città.

In Borgo San Paolo c’è una strada che confluisce in Via Monginevro: tutti la chiamano Via Sagra di San Michele (Sagra con la “g”, come se la via fosse dedicata alla Sagra di un Santo patrono), ma che invece dovrebbe essere chiamata Via Sacra di San Michele (con la “c”), in onore dell’omonimo monumento simbolo del Piemonte, che da secoli sta a baluardo della Val di Susa.

Ma le curiosità non finiscono qui. Ed è spesso anche una questione di accenti, sdruccioli quando dovrebbero essere piani, e piani quando dovrebbero essere sdruccioli.

Non si sa bene perché − lo si deve forse al carattere da bastian-contrario di molti torinesi? − sta di fatto che solo a Torino esiste una Piazza Bèngasi (è all’estremità sud di Via Nizza). Dovrebbe esser chiamata Piazza Bengàsi, con l’accento sulla “a”, dal nome della città libica (capoluogo della Cirenaica) che si affaccia sul Mar Mediterraneo, e che divenne italiana nel 1911, restando tale fino all’italica disfatta della II Guerra Mondiale. Va a sapere perché, ma i Torinesi di allora cominciarono a chiamarla Piazza Bèngasi; e a distanza di decenni, i Torinesi di oggi, ormai immemori delle vanagloriose ambizioni coloniali e imperialiste del regime, si ostinano tuttora a chiamarla così. Provate a chiedere a qualcuno dove si trova Piazza Bengàsi (con l’accento sulla “a”): rischiereste di sentirvi ridere dietro, oppure – nella migliore delle ipotesi – vi sentireste rispondere un imbarazzato “Mi spiace, non lo so!”

Voglio ricordare un altro caso di improvvida inversione di accenti nella pronuncia del nome di un piazza di Torino. Anche questa è un’anomalia tipicamente torinese, talmente radicata e contagiosa, da coinvolgere ormai tutti i cittadini, torinesi di nascita o di adozione. Mi riferisco a Piazza Sofìa (alla confluenza di Via Botticelli e Corso Taranto con Via Bologna). Com’è noto, il nome della capitale bulgara si pronuncia Sòfia (in bulgaro София). Esiste una Santa Sofìa, sì, ma la piazza non è dedicata alla Santa (altrimenti si chiamerebbe Piazza Santa Sofìa), ma alla più grande città della Bulgaria. Anche qui, nessuno sa spiegare come sia nato l’equivoco. C’entra forse la notorietà della grande Loren, la bellissima attrice napoletana di fama internazionale, che com’è noto, si chiama appunto Sofìa? Una sorta di lapsus freudiano? Chissà.

Misteri della torinesità, che manifesta la sua essenza e la sua unicità anche nei piccoli dettagli, persino nella pronuncia volutamente inadeguata dei toponimi: dettagli solo apparentemente insignificanti, ma espressivi di un carattere subalpino un po’ conservatore e testardo, che si bea sornionamente di vezzi che vanno spesso contro corrente.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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