Curiosità

Quando al posto delle Molinette c’era la fabbrica dei fratelli Lanza

TORINO. Il fulcro era costituito dalla bealera Cossola: siamo nell’area dell’attuale ospedale delle Molinette, dove erano presenti numerosi molini e che fu la sede della fabbrica Lanza, produttrice di candele, sapone e glicerina. Un’azienda storica, che vide la luce nel 1838, grazie all’intraprendenza dei fratelli Giovanni e Vittorio Lanza e che, dopo meno di trent’anni dalla fondazione, si avvaleva di centocinquanta dipendenti. Cavour definì la fabbrica dei Lanza “industria prioritaria del Regno di Sardegna”. La bealera aveva il ruolo di attivare la turbina idraulica che dava movimento ai macchinari dell’azienda; mentre, quando il livello dell’acqua non garantiva il moto delle strutture, veniva attivato un sistema a vapore, alimentato a carbone e torba.

In quell’azienda, che ebbe un ruolo rilevante nella storia del nostro Paese, sono stati creati, tra l’altro, prodotti per la pulizia che hanno accompagnato generazioni di italiani. Sono rimaste impigliate nel nostro passato le mitiche figurine “Mira Lanza”, ultimi epigoni di una forma di cultura del tempo che fu e che ebbe nelle storiche “Liebig” un archetipo insuperato. Nella memoria nazionale sono spesso contrassegnati dal doppio nome Mira Lanza, ciò è determinato dalla fusione, nel 1924, della nostrana “Premiata Reale Manifattura di saponi e candele steariche fratelli Lanza”, con la veneziana “Fabbrica di candele di Mira”. In realtà l’azienda torinese, una ventina di anni prima, si era già fusa con l’“Oleificio Lombardo-Piemontese T. Ovazza”, che aveva determinato una prima modifica all’originaria ragione sociale, trasformandosi in “S.A. Stearinerie e Oleifici Lanza”.

Con notevole lungimiranza, i fratelli Lanza realizzarono la loro azienda nei pressi dello scalo ferroviario: ciò facilitò il trasporto del prodotto primario, le candele, ricercatissime e spedite in mezzo mondo.

La famiglia Lanza abitava in un apposito edificio all’interno della fabbrica, ponendosi in modo propositivo nella vita sociale della Barriera di Nizza, infatti, tra le altre benemerite attività, donò una parte dei propri terreni per la costruzione dell’asilo di San Michele (via Abegg). Erano altri tempi, la relazione tra il “padrone” e gli operai era caratterizzata da una stretta convivenza e condivisione. Su tutto dominava maggiore semplicità e franchezza: come sulle mitiche figurine sulle quali era stampigliato: “Conservate queste figurine ! Potranno farvi vincere milioni !”…

 

Massimo Centini

Classe 1955, laureato in Antropologia Culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Ha lavorato a contratto con Università e Musei italiani e stranieri. Tra le attività più recenti: al Museo di Scienze Naturali di Bergamo; ha insegnato Antropologia Culturale all’Istituto di design di Bolzano. Docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino e al MUA (Movimento Universitario Altoatesino) di Bolzano. Numerosi i suoi libri pubblicati in italiano e in varie lingue.

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