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Nati il 12 agosto: Beato Luigi della Consolata, al secolo Andrea Bordino

Da tre anni il suo nome fa parte della schiera beati della chiesa cattolica, dopo che nel 2014 papa Francesco aveva promulgato il decreto che riconosceva  un avvenuto miracolo attraverso una guarigione  inspiegabile per i tempi, le modalità e la gravità della malattia. Da venerabile a beato, nell’arco di 11 anni: Andrea Bordino è una delle figure più nobili che la Chiesa possa contare in Piemonte nel Novecento.

Andrea nasce il 12 agosto 1922 da una famiglia di vignaioli a Castellinaldo (Cn), nel Roero. Più propenso allo sport che allo studio, dal fisico atletico, diventa campione di pallone elastico, uno sport molto seguito nelle sue terre e si forma cristianamente fra le mura domestiche, la parrocchia e l’Azione Cattolica.

«Tra i filari non sentiva la fatica, nelle gare nessuno riusciva a batterlo e le coetanee non avevano occhi che per lui», scriveva di lui il giornalista Carlo Cavicchioli. A 20 anni, nel 1942 Andrea è arruolato tra gli artiglieri alpini della divisione «Cuneese», destinata al fronte russo. Viene incaricato del vettovagliamento. Come decine di migliaia di militari,  è coinvolto nella triste campagna sul Don, dove oltre i pericoli e le sofferenze per l’inadeguatezza delle truppe italiane per quel clima gelido, deve subire l’umiliazione della prigionia. Ma non bada a se stesso, bensì agli altri. Nel lazzaretto di vari campi di concentramento in Siberia si prende cura di infettivi e moribondi. Con i suoi compagni cammina per lande e steppe gelate, su sentieri costeggiati di morti e proprio in quel tempo matura la sua vocazione religiosa. Dopo aver patito fame, sete e ogni sorta di privazione, riesce alla fine della guerra a tornare in patria. È fra i pochi a rivedere la sua famiglia, la sua terra e, non più abituato ad un letto, dorme per un po’ sul pavimento: ritornare alla vita non è davvero cosa semplice.

Dopo quella tremenda esperienza, Andrea sente il fascino della vita religiosa e il desiderio di consacrarsi al servizio dei sofferenti. Il 23 luglio 1946 bussa alla porta del Cottolengo di Torino. Le sue giornate si dipanano nella preghiera e nel servizio ai malati: è l’infermiere più richiesto dal corpo medico e dai pazienti delle corsie, sia per le sue capacità professionali, sia per la sua carica umana, apostolica. Assicura l’igiene dei malati, le medicazioni, l’assistenza ai pazienti gravi, la pulizia dei barboni e dei malati immobilizzati a letto. Si presta volentieri a lavare i piatti, pulire i pavimenti, lavorare nei campi.  Viene chiamato il gigante buono per la sua corporatura robusta. E’ di poche parole. Il sorriso e il volto sereno infondono sicurezza e fiducia. Incarna in tutto e per tutto il «Caritas Christi urget nos» del Cottolengo. 

Dopo un anno entra in noviziato e indossa per la prima volta l’abito dei religiosi del Cottolengo, sulla cui talare nera è appuntato un cuore di panno rosso all’altezza del petto. Alla vestizione Andrea prende il nome di fratel Luigi della Consolata. All’inizio degli Anni Cinquanta frequenta frequenta un corso di scuola infermieristica con grande profitto e comincia a lavorare nel settore ortopedico e chirurgico del “Cottolengo”; infermiere e anestesista di eccezionale bravura, è pioniere tra i donatori di sangue. Divide il proprio tempo con gioia, tra i sofferenti ed i disgraziati che lo circondano in continuazione.  A sera si dedicava ai poveri che vengono dalla città e dintorni, lavando e curando piaghe di ogni tipo, specie i più gravi. Dal 1959 al 1967 ha dai suoi confratelli e dal cardinale Pellegrino, arcivescovo di Torino, cariche di responsabilità fra i “Fratelli Cottolenghini” e nella direzione della stesso “Cottolengo”.

Nel giugno 1975, sentendosi poco bene si sottopone a delle analisi, che diagnosticarono una leucemia mieloide, malattia che egli conosceva bene e il cui esito è fatale. Fratel Luigi senza disperazione gestisce per due anni la sua dolorosa malattia come fosse di un altro, finché chiude santamente la sua vita. Come atto supremo di donazione offre le cornee a due non vedenti: sono gli unici organi del suo corpo rimasti sani.  E’ il 25 agosto 1977, fratel Luigi ha soltanto 55 anni.

Il suo biografo, fratel Domenico Carena, nonché vicepostulatore della causa, ha scritto di lui: «Fratel Luigi non ha solo seguito Cristo, ma si è identificato in lui e per questo ne ha irradiato l’amore tra i poveri che ha servito». Nel 1991 viene aperto il processo diocesano che si chiude due anni dopo. Fratel Luigi  è dichiarato Venerabile da Giovanni Paolo II e Beato da papa Francesco.  La cerimonia di beatificazione si svolge a Torino, nello spazio antistante la chiesa del Santo Volto: vi partecipano quasi 4.000 fedeli. Nelle prime file ci sono tante “penne nere” e tante persone malate e disabili, gli amici prediletti di fratel Luigi.

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