ENOGASTRONOMIA

Il “mon ëd Mongardin”, re dei mattoni dolci piemontesi

La domenica è l’occasione ideale per organizzare pranzi e feste con parenti e amici, è il momento in cui tutta la famiglia si riunisce attorno al tavolo per consumare qualche piatto più elaborato e succulento, rispetto ai pasti veloci che ormai siamo soliti spilluzzicare in settimana.  Personalmente questa giornata di riposo (per i più fortunati) mi ricorda mia nonna, instancabile ed organizzata cuoca, che ogni domenica ci aspettava con tanto entusiasmo nella sua accogliente casetta di campagna a Mongardino, un paese in cima alle colline della provincia di Asti.

Si cominciava già dal sabato a preparare i vari antipasti e pietanze, in modo che la domenica mattina alcuni piatti come insalata russa, vitello tonnato e affettati fossero già pronti, bastava solamente impiattarli e servirli a tavola. Le pietanze erano praticamente sempre le stesse, ma noi nipoti non ci stancavamo mai di assaporare tutto quanto rivolgendo riconoscenti complimenti alla nostra amata nonna. Il momento più atteso da noi ragazzi però rimaneva il dessert, il dolce della domenica, che significava una sola parola: “mon”.

Per chi non lo conoscesse, il mon ëd Mongardin è il re dei mattoni dolci piemontesi, dolce tipico appunto di Mongardino, piccolo centro in provincia di Asti, che ancora oggi è possibile degustare a settembre durante il Festival delle Sagre di Asti.

Il dolce “mon” prende il nome dal contenitore che si utilizza per assemblare tutti gli strati che vanno a comporre questo favoloso dolce. La sua ricetta è antica, ma come tutte le tradizioni, si tramanda di generazione in generazione, cosicché ancora oggi si riesca a realizzarlo mantenendo quel sapore antico che conserviamo accuratamente nei nostri ricordi.

 Il “mon” è formato da strati, un’alternanza di creme bianche e nere e di biscotti savoiardi ammorbiditi con marsala, ma si può utilizzare anche rum o caffè.Vedendo il suo aspetto, sembra assomigliare ad un Tiramisù, tanto che alcuni pasticceri lo definiscono un vero e proprio “precursore” del dolce italiano più famoso al mondo!

La caratteristica che però lo rende così pregiato è l’ingrediente che sta alla base della sua buona riuscita, ovvero le nocciole del Monferrato, che instaurano quindi un forte legame con il suo comune di provenienza.

Ingredienti per 4-6 persone

100 g cioccolato amaro in tavoletta
100 g cioccolato gianduja
100 g zucchero
100 ml panna da montare
250 g nocciole tritate
alcuni biscotti secchi tipo savoiardi/gallette
1 tazzina di marsala (o rum o caffè)
2 uova

Preparazione

  1. Sciogliere in due pentolini diversi a bagnomaria il cioccolato e il gianduja mantenendo il fuoco basso. Se i composti dovessero essere troppo densi, aggiungere un cucchiaio d’acqua.
  2. Quando diventano cremosi, aggiungere per ogni composto 50 g di zucchero, un uovo, 125 g di nocciole tritate, i biscotti sbriciolati a pezzi grossi e il marsala.
  3. Amalgamare bene i due composti sul fuoco, nel frattempo, montare la panna.
  4. Una volta tolti dal fuoco, stenderli a strati alternando la crema al gianduja, con quella al cioccolato fondente e la panna.
  5. Riporre in un contenitore rettangolare.
  6. Mettere in frigo e rassodare per qualche ora.
  7. Cospargere di zucchero a velo e servire.

Chiara Parella

Classe ’87, torinese di nascita, ma astigiana di adozione, dopo una formazione classica, si è laureata in scienze e tecnologie agroalimentari presso l’Università degli Studi di Torino. Si occupa di marketing e comunicazione e scrive per alcuni blog di settore. Amante da sempre della letteratura latina e della cultura in generale, è autrice del libro “La figlia sfuggente”, il suo esordio letterario (Letteratura Alternativa Edizioni, 2020).

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