ENOGASTRONOMIA

Alla scoperta del ratafìa di Andorno: uno dei più antichi e tipici liquori del Piemonte

Andorno Micca (Biella). Nella sua opera “Le tradizioni italiane”, edita nel 1848, il poeta e scrittore piemontese Angelo Brofferio ricorda la leggenda di un taumaturgico liquore di ciliegie prodotto fin dall’anno Mille in quel di Andorno (oggi Andorno Micca, nei pressi di Biella), capace di immunizzare dal contagio della peste chi ne facesse uso: una sorta di vaccino naturale ante litteram. Certamente una leggenda:  sta di fatto che la benefica fama di quel liquore a base di ciliegie nere si diffuse non solo in Andorno e nel circondario, ma si spinse ben oltre i confini del Biellese. Sull’onda del salutare effetto placebo del citato liquore, fin dal Medio Evo e per tutto il Rinascimento, si consolidò tra i novelli sposi andornesi la consuetudine di brindare alle nozze appena celebrate con un bicchierino di quel prodigioso giulebbe, a suggello del contratto di matrimonio, mentre il celebrante, i convitati e i testimoni esclamavano in coro  “Et sic res rata fiat!”, ovvero: “E così le cose  – cioè il contratto di matrimonio –  sono state ratificate!”.

Il passaggio dalla ieratica formula latina al più semplice e contratto termine “ratafià” fu quasi naturale, e fu proprio questo che – col tempo – divenne il nome con cui tutti finirono per chiamare quel delizioso liquore di ciliegie nere.

Una selezione di diversi tipi di “ratafià” di Andorno, prodotto dalla Distilleria Giovanni Rapa

Già nel XVII secolo, i monaci dell’Ordine Cistercense del vicino Monastero di Santa Maria della Sala si specializzarono nella distillazione del ratafià.

La produzione in più grande stile (ma pur sempre nel rispetto delle secolari tradizioni artigianali dei primi distillatori) iniziò però solo nel Settecento, ad iniziativa dello speziale Pietro Rappis. Nel 1880, la distilleria passò a Giovanni Rapa, e ancor oggi, a distanza di quasi un secolo e mezzo, è questo il marchio con cui viene prodotto l’originale Ratafià di Andorno. Curiosamente, oltre ad essere un grande liquorista, Rapa si distinse anche come raffinato scultore in legno: una Madonna lignea opera di questo Artista è ancor oggi conservata nella Chiesa Parrocchiale di Andorno.

Giovanni Rapa divenne fornitore ufficiale di Casa Savoia (in particolare di Umberto I e Margherita di Savoia); il Ratafià di Andorno era inoltre apprezzatissimo anche in Vaticano, e in particolare dai papi  Leone XIII e Pio X.

Proprio come un millennio fa, il Ratafià di Andorno continua ad essere preparato con il succo di selezionate ciliegie nere, con l’aggiunta di zucchero e aromi, che gli attribuiscono il caratteristico soave sapore. La moderata gradazione alcoolica (26%) lo rende gradito a tutti i palati.

Può essere bevuto con ghiaccio e selz. È anche molto indicato nella preparazione di torte alla ciliegia o alla amarena, con le fragole, la macedonia e con il gelato.

Un delizioso connubio: fragole e ratafià di Andorno (Distillerie Giovanni Rapa)

Chiudiamo con una curiosità: il presidio di Andorno non è l’unico in cui si produce il ratafià, che resta qui comunque una tipicità specifica. Il liquore viene prodotto anche in Valle d’Aosta: e fin qui non c’è da stupirsi, vista la vicinanza di questa piccola regione con il Biellese. Ma produttori di ratafià sono sparsi a macchia di leopardo anche in Abruzzo, nel Molise, in Catalogna e persino nel Canton Ticino. Come ciò sia potuto accadere resta un mistero. L’ipotesi più accreditata per spiegare l’arcano potrebbe ricercarsi negli stessi monaci Cistercensi, per i quali non erano infrequenti gli spostamenti da Convento a Convento, e che potrebbero aver esportato altrove (e di nascosto) i segreti della ricette antiche per prepararsi in autonomia, anche nei nuovi Monasteri di destinazione, l’irrinunciabile e incomparabile ratafià piemontese. Se così fosse, perdoniamoli: in fondo non si tratta che di un peccato veniale.

“Ratafià delle Alpi”, liquore alla ciliegia, prodotto in Valle d’Aosta, da “La Valdôtaine”, Distilleria di Montagna

Sergio Donna | 11 Marzo 2022

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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