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Sapore, gusto e nutrimento nei tradizionali gofri della Val Chisone

Venduti in postazioni itineranti, appetitosi e genuini, sono uno street food tra i più antichi del mondo

Chi percorre la strada provinciale 23 in direzione del Sestriere, noterà che almeno in uno dei piccoli centri abitati della Val Chisone (che – salendo via via più su – si snodano nella valle lungo la sponda a nord del fiume, a partire da Villar Perosa e fino a Pragelato) in uno slargo della strada, o in qualche raccolta piazzetta, è quasi sempre appostato un banco-furgone. È il banco attrezzato per la somministrazione ambulante dei gofri. Fateci caso: lì davanti, non manca mai un drappello di clienti in attesa di gustarne uno fresco fresco, o meglio, caldo caldo.

Il banco-furgone, se c’è, ogni volta è quasi sempre posizionato in un posto diverso, o in un villaggio diverso, o in un contesto diverso, magari in occasione di un mercatino settimanale locale o di una sagra di paese. Ma non date per scontato che ci sia: sì, perché i gofri rappresentano il tradizionale street food delle montagne della Val di Chisone e, in parte, della Val di Susa, ma la loro somministrazione è tipicamente itinerante, anche se da un po’ di tempo in qua, qualche bar della valle si è attrezzato per prepararli e servirli su richiesta.

Il termine occitano gofri suona in modo simile alla parola francese gaufre, da cui in italiano sono derivati i termini goffrare, goffratura, goffrato per identificare certe superfici con piccole cavità a nido d’ape, quadrettate o romboidali. Oltre che nell’arte bianca, questi termini sono molto usati anche nel comparto del tessile e dell’industria cartaria, per definire quelle superfici trattate con lavorazioni particolari, in modo da presentare voluti avvallamenti nei tessuti o nella carta. Dunque, e nella fattispecie, i gofri sono delle cialde “goffrate”, le cui origini sono pluricentenarie, prodotte essenzialmente con tre semplicissimi ingredienti base: acqua di montagna, farina di frumento e lievito madre; la loro forma è variabile, quadrata o circolare, a volte a spicchio, a seconda dello stampo, ma ciò che ne caratterizza l’aspetto è la tipica “goffratura” a nido d’ape su tutta la superficie.

Insomma, una sorta di pane grigliato (ma non chiamateli toast!), scaldato sul momento su una graticola appoggiata sul fuoco a legna, su cui si posa lo strumento tipico e indispensabile per produrre i gofri: una sorta di “pinza”, le cui due estremità sono rappresentate da due piastre di ferro, ma più frequentemente di ghisa, la cui superficie però non è liscia, ma caratterizzata da piccoli incavi a quadretti o a rombi. Trattandosi sostanzialmente di un particolarissimo tipo di pane tostato, ed avendo un sapore neutro, i gofri si adattano molto bene sia ai companatici dolci che a quelli salati.

I gofri si accompagnano bene con salumi e formaggi

Ma i gofri vengono tradizionalmente farciti soprattutto con prosciutto e formaggio di valle, per quanto, da molto tempo ormai, vengano proposti anche nella variante dolce, con ricche farciture di miele degli apicultori locali, sciroppo d’acero, marmellata o cioccolata spalmabile. Un cugino primo dei nostri gofri, sono i waffles d’Oltralpe, detti anche gaufres. La differenza fondamentale tra i gofri delle nostre montagne e i gaufres francesi, sta soprattutto nello spessore della cialda: i gofri piemontesi sono più sottili, e quindi, più croccanti dopo la cottura.

I waffles sono prodotti anche in altre località della Francia, del Belgio e del Nord Europa. Nella variante nord europea, i waffles sono dei dolci a tutti gli effetti, visto che contengono anche zucchero, latte, burro, uova e vaniglia. I gofri delle Alpi Cozie sono decisamente più semplici, meno sofisticati, dal momento che erano consumati dalle popolazioni montanare come sostituto del pane.

I gofri farciti

Oggi, i gofri rappresentano davvero una ghiotta chance per un insolita e nutriente colazione, oppure per un pranzo veloce, o per una gustosa merenda tipica delle valli torinesi: un piccolo scrigno di genuinità e di bontà nel rispetto delle antiche tradizioni montanare. Sempre che si transiti da quelle parti al momento giusto e, avvistato il banco di vendita, ci si fermi senza indugio, perché non è detto che sia poi possibile trovare lungo la strada che sale al Sestriere un successivo banchetto con l’insegna “Io mangio gofri”.

I gofri con il miele

Ciò quando la pandemia in atto sarà debellata e potremo di nuovo goderci la bellezza delle nostre montagne e gustare le genuine specialità gastronomiche delle loro incantevoli valli.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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