Lingua & tradizioni piemontesi

Modi di dire piemontesi: da Natal a Sant Ëstevo

La metafora dell’effimero: un giocattolo che non dura da Natale a Santo Stefano

Natale: tempo di scambi di auguri, di formulazione di buoni propositi, di enunciazione di progetti di cambiamento e di rinnovamento. Ma anche, visto il taglio consumistico che abbiamo dato a questa ricorrenza, privandola del suo significato cristiano, di reciproci scambi di doni. Regali, regali e ancora regali: cadeaux e presenti in genere molto graditi, altri accettati con sorrisi di circostanza, altri alquanto inutili, banali, di gusto discutibile, o decisamente kitsch

E allora? In questi casi, c’è chi opta, per liberarsene, per il riciclaggio, ma c’è pure chi fa buon viso a cattiva sorte, pensando: “Ma sì, me lo tengo: quel che conta, in fondo è il pensiero”. 

E i bambini? Loro li gradiscono sempre i regali (e non solo a Natale), comunque sia. Che siano giocattoli tradizionali o tecnologici, trenini o bambolotti, automobiline o Barbie sofisticate, ben difficilmente i più piccoli contestano la generosità di Babbo Natale. Anzi: per loro va sempre bene tutto, nell’incanto e nella magia della loro beata ingenuità, che nel giorno della festa più infantile del mondo si manifesta con raddoppiata gioia e più intenso candore.

I bambini però spesso si fanno trascinare dall’entusiasmo. E maneggiano i nuovi giocattoli con troppa foga o in modo maldestro. Oppure vogliono semplicemente scoprirne i meccanismi e i segreti del loro funzionamento. Li smontano, e ahimè, talora, li rompono.

Dev’essere sempre stato un po’ così (anche se i giocattoli d’antan, oltre ad essere più semplici e spesso di legno o di metallo, erano forse anche meno fragili di quelli di oggi), se è vero che i nostri vecchi, di fronte a un giocattolino rotto da un nipotino, spesso esclamavano: “Cola dësmora a l’é nen durà gnanca da Natal a Sant Ëstevo”: quel giocattolo non è nemmeno durato da Natale a Santo Stefano. Sottintendendo però che l’effimera durata del giocattolo rottosi prematuramente non dipendesse tanto da un difetto intrinseco di costruzione, ma dal modo inadeguato di maneggiarlo da parte del bambino, che ne coglieva il senso e l’implicito rimprovero.

Modi di dire d’una volta. Ma quanta efficacia e concretezza in quelle parole passate di moda, che contenevano moniti velatamente espliciti.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio