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Alla scoperta di “risòle”, “copete”, “paste ’d melia”, gustose delizie monregalesi

A passeggio per Mondovì, tra rare bellezze architettoniche, paesaggi incantevoli e degustazioni di specialità dolciarie e del particolarissimo liquore “Rakikò”

“…Cuneo possente e pazïente, e al vago
declivio il dolce Mondoví ridente…”
Così Giosuè Carducci nella sua ode “Piemonte” descrive con magistrale efficacia, in poco più di un verso endecasillabo, l’incanto e la dolcezza dei declivi su cui sorge Mondovì, cittadina davvero ‘ridente’ nelle giornate di sole, che si staglia sulla retrostante chiostra alpina come un baluardo o una postazione di vedetta sul sottostante pianalto cuneese.

Parafrasando una celebre espressione di Enrico di Navarra, passata alla storia, possiamo affermare che una gita a Mondovì (l’antica Mons Regalis) val veramente una “Messa”. La cittadina è un concentrato di storia secolare, con rare bellezze architettoniche che ci riportano ad epoche medievali e barocche. Chi visita Mondovì non può esimersi dal fare una sosta non troppo breve in piazza Maggiore, a Mondovì alto (Mondovì Piazza): una piazza che è un compendio architettonico della storia della città, con tracce ed influenze astigiane, viscontee ed angioine. Le origini di Mondovì Piazza risalgono al 1198, quando l’agglomerato urbano sul Monte di Vico (di qui l’etimologia del toponimo Mondovì), sorse dall’aggregazione di tre borghi preesistenti che diedero vita ad altrettanti distinti terzieri: Vico, Carassone e Vasco. Ammirevoli sono l’antico Palazzo di Città, il Palazzo dei Bressani, risalente al XIII secolo, e il Palazzo del Governatore, già residenza del funzionario sabaudo, che ricorda la fedele integrazione di Mondovì negli Stati di Savoia fin dal 1396. Risalenti all’epoca barocca, ma parimenti interessanti, sono il Collegio dei Gesuiti e la Chiesa di San Francesco Saverio, detta La Missione, con interni affrescati da Andrea Pozzo. Non meno opportuna è una visita al Museo della Ceramica, che pure si affaccia sulla grande piazza, in cui sono raccolti alcuni capolavori della tradizionale lavorazione artistica ceramica monregalese.

Piazza Maggiore a Mondovì Piazza

Nei dintorni di Mondovì, merita sicuramente una visita la Cattedrale di San Donato, la cui facciata settecentesca fu firmata da Francesco Gallo, e ancor più, l’imponente fabbricato del Santuario-Basilica di Vicoforte (anche in questo toponimo, c’è il richiamo a Vico, e quindi a Mondovì), maestoso edificio religioso fatto erigere da Carlo Emanuele I nel 1596 come sepolcreto dinastico, dandone l’incarico all’architetto di corte Ascanio Vitozzi. Per la sua imponenza architettonica e la meraviglia che suscita la sua grande ed ariosa cupola ellittica, ultimata dal Gallo (prima al mondo per dimensione ed altezza), l’edificio di culto testimonia la forte devozione dei duchi di Savoia alla Madonna di Vico,ma pure rappresenta un simbolo tangibile del prestigio e della ricchezza di cui all’epoca disponeva il Casato. A Vicoforte sono state recentemente traslate le salme di Vittorio Emanuele III e di sua moglie, la regina Elena del Montenegro.

Tornando a Mondovì basso, o Mondovì Breo, tra le sue stradine che si dipanano nel centro storico, è possibile effettuare shopping tra decine di raffinati negozi di ogni genere, dove ancora si è accolti con il garbo e la tradizionale disponibilità dei gestori delle botteghe di vicinato. Tra le tante opportunità di acquisto offerte dai negozi di Mondovì, vorrei tuttavia parlarvi – certo a causa della mia proverbiale ghiottoneria – di alcune specialità dolciarie tipiche monregalesi, alle quale i palati più golosi (come il mio) difficilmente sanno resistere.

Risòle fatte in casa

Ho già avuto occasione di soffermarmi in questo giornale sulle copete, le tipiche ostie di pasticceria con la superficie stampata a piccoli rombi, sovrapposte tra loro a mo’ di “panino”, con un interno ripieno di miele, noci o nocciole tostate. Sono prodotte soprattutto nel periodo invernale, dal tardo autunno fino a Carnevale: chi volesse rileggere l’articolo dedicato alle “copete” lo può trovare cliccando QUI.

Oggi vorrei invece parlarvi delle “risòle”, un’altra specialità dolciaria tipicamente monregalese. Ce ne sono almeno due varianti. Quelle fatte in casa, che nella friabilità ricordano un po’ le bugie, e come le bugie sono fritte nell’olio: vengono prodotte soprattutto nel periodo di Carnevale, fino alla Quaresima, ma anche in certe domeniche di festa. E quelle di pasticceria, che invece, sono di pasta sfoglia, molto delicata. Ciò che rende simili le une alle altre, è la loro forma a lunetta, di dimensione in genere non superiore ai 7-8 cm., che ricorda quella di una mezza luna (anche se tra quelle sfornate in casa non mancano le risòle di forma quadrangolare), dalla cui “bocca” sorridente s’intravede la ghiotta farcitura, a base di marmellata di albicocche, pesche, e più recentemente, anche di crema al cioccolato. Nelle famiglie contadine, il ripieno poteva essere costituito anche da altri tipi di marmellata: dipendeva da quella che era disponibile al momento.

Dove trovarle? Quasi tutte le pasticcerie e le panetterie di Mondovì le espongono in vetrina. C’è l’imbarazzo della scelta. Molto rinomate, ad esempio, sono quelle dalla storica Pasticceria Comino, di Via Marconi 1. Oppure quelle della Pasticceria Odasso, che si trova sotto i portici di Corso Statuto, al civico 28, sempre in Mondovì Breo. Qui potete trovare anche le tipiche “paste ’d melia” monregalesi, di forma rettangolare, striate in superficie. Sono friabilissime, morbide e davvero molto delicate.

Un’altra antica specialità monregalese: il Rakikò

Dopo aver fatto incetta di risòle, di paste ’d melia e di copete a Mondovì e dintorni, non tralasciate però di procuravi una bottiglia di Rakikò, vanto della liquoreria tradizionale monregalese. È un liquore polivalente, a base di infusi di erbe, radici e caramello, adatto ad essere consumato sia come aperitivo, sia come digestivo: il suo nome è un acronimo che si rifà ai suoi principali ingredienti. La prima sillaba (ra) ricorda il rabarbaro, la seconda (ki) la china e la terza (ko) il cognome del suo inventore, Francesco Comino, che lo brevettò quasi cento anni fa, nel 1924. Davvero originali questi monregalesi, anche nella scelta dei nomi.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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