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San Nazzaro Sesia, il 21 aprile si rievoca il Piemonte del XV secolo

Domenica 21 Aprile andrà di scena nella splendida cornice dell’abbazia benedettina dei Santi Nazario e Celso a San Nazzaro Sesia, nel cuore delle risaie novaresi, la sesta edizione della “Giornata Medievale in Abbazia”, che proporrà ai visitatori una accurata ricostruzione dei modi di vita e dei mestieri del Piemonte all’inizio del XV secolo.

La manifestazione, organizzata dalla Parrocchia dei Santi Nazario e Celso, dall’Associazione Culturale Piemonte Medievale e dall’Associazione Culturale Speculum Historiae di Torino, in collaborazione con il Comitato Madonna della Fontana di San Nazzaro Sesia, trasformerà i visitatori in veri e propri “viaggiatori nel tempo”, offrendo loro l’opportunità imperdibile di scoprire tanti aspetti e curiosità relativi al periodo storico preso in considerazione, dall’antico e redditizio mestiere del mercante ai segreti della cucina medievale e della lavorazione del cuoio, dall’arte del ricamo alla pratica delle armi, e molto altro ancora.

Partecipare all’iniziativa, in programma per tutta la giornata dalle ore 10 alle 18, sarà anche l’occasione per conoscere meglio le meraviglie architettoniche dell’abbazia dei santi Nazario e Celso, grazie alle visite guidate curate dall’associazione Piemonte Medievale.

Saranno presenti alla Giornata Medievale nell’Abbazia i seguenti gruppi storici, provenienti da Piemonte, Lombardia e Liguria: associazione culturale Res Gestae (Alessandria), Carole di San Martino (Villastellone, TO), Compagnia dell’Orso Nero (Chieri, TO), Gens Turris (Bolzano Novarese, NO), More Ianuensis (Genova), Compagnia della Rosa A.D. 1406 (Mantova), Compagnia di Porta Giovia (Milano). Per quanto riguarda artigiani e rievocatori, è prevista la partecipazione di: Argothea, L’ago e la spada, Marco Viviani, Giovanni Rotondi – Historical Replicas.

L’abbazia di San Nazzaro Sesia nella storia e nell’arte

Adagiata nella pianura del riso, nelle vicinanze del fiume Sesia, l’abbazia benedettina dei Santi Nazario e Celso, al centro dell’abitato di San Nazzaro Sesia, si presenta oggi in forme tardo-gotiche quattrocentesche, ma la sua fondazione risale alla metà dell’XI secolo (l’atto istitutivo, noto agli storici come “Donatio Riprandi”, è datato 1040) per iniziativa del vescovo di Novara Riprando (malgrado la nascente abbazia si trovasse nella diocesi di Vercelli) e dei suoi fratelli, a quel tempo conti di Pombia-Varallo.

Dell’originaria costruzione romanica sopravvivono alcune testimonianze architettoniche: tra le più significative l’atrio addossato alla facciata della chiesa abbaziale e il poderoso campanile, attribuito all’XI/XII secolo, un tempo provvisto, come tutto il complesso, di “fortilicia”, elementi applicati a scopo difensivo, che conferivano al complesso un aspetto “guerresco”, di abbazia incastellata.

La prosperità economica della comunità monastica locale poggiava sull’esercizio dell’agricoltura, praticata grazie alle opere di bonifica compiute sui terreni paludosi circostanti, e sul controllo del guado sul fiume Sesia, detto “del Dovesio”, con il diritto riconosciuto ai monaci di riscossione dei pedaggi cui erano sottoposti i viandanti che percorrevano la Via Regia, asse stradale che collegava l’area milanese con le zone orientali del Piemonte e che, a poca distanza dal paese di San Nazzaro (presso il comune di Biandrate), si intersecava con l’importante Via Biandrina, che conduceva invece da Vercelli verso le montagne biellesi e valsesiane, dove i monaci possedevano alpeggi e fiorenti pascoli. 

Un nuovo fervore edilizio si manifestò alla metà del XV secolo grazie all’operato di Antonio Barbavara, uno degli ultimi abati regolari, che guidò con saggezza il monastero dal 1429 al 1467. Fu un periodo di rinnovato benessere per la comunità, che giunse ad essere l’abbazia a più alto reddito di tutto il Piemonte, al centro di una rete di filiali (le Celle) dislocate in un’area vasta, comprendente il novarese, il vercellese, la Valsesia e parte del pavese, che funzionavano come luoghi di raccolta delle decime, poi destinate a San Nazzaro.

Barbavara si fece promotore di interventi che impressero una fisionomia tardo-gotica al complesso, cancellando quasi del tutto la precedente impostazione romanica. La rinascita architettonica del monastero, impreziosito da affreschi e raffinate decorazioni in cotto, non corrispose, però, con la rifioritura della vita religiosa, in quanto già negli anni successivi alla morte del Barbavara, con la nomina di abati commendatari che non risiedevano nel monastero, iniziò una lunga fase di decadenza economica e spirituale, culminata nel 1573 con la trasformazione in parrocchia.  

Tra gli elementi che caratterizzano il complesso, destando curiosità, vi sono le due costruzioni risalenti al XII secolo che, disposte perpendicolarmente alla facciata della chiesa e provviste di portico al piano terra, danno forma a un lungo corridoio (atrio) che accompagna il visitatore dinnanzi al raffinato portale d’ingresso, realizzato nel XV secolo e sovrastato da un oculo con raffinate lavorazioni in cotto.

La funzione originaria di queste strutture a due piani con nartece incorporato (don Mario Capellino), probabilmente quanto rimane di un originario quadriportico poi “tagliato”, non è stata stabilita con certezza. Alcuni studiosi hanno interpretato questo spazio come un vestibolo riservato al popolo (oppure ai catecumeni, non ancora battezzati), che poteva partecipare alla vita liturgica senza interferire con la recita corale del monastero, altri come luogo per l’accoglienza dei pellegrini (hospitalis), e altri ancora come cortile o area di ritrovo per i monaci, che avevano in origine le loro celle disposte nelle due maniche laterali.

Degno di nota è anche l’arioso chiostro, realizzato a est della chiesa tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento, che conserva un interessante ciclo di affreschi del XV secolo dedicati alla Vita di San Benedetto, opera di due pittori diversi, il primo noto con l’appellativo “dei castelli rossi” e il secondo “delle case grigie”, dalla differente cornice architettonica in cui sono inserite scene e figure. 

Tutto da esplorare è, inoltre, il contesto naturale in cui il comune di San Nazzaro Sesia è inserito, perché a ridosso del paese si estende un’importante area protetta, il parco delle Lame del Sesia, creato a tutela dell’ambiente caratteristico delle “lame”, stagni di forma arcuata che si sono formati nei periodi di piena, quando il fiume, superati gli argini, ha scavato un nuovo alveo di raccordo tra due anse trasformando il meandro saltato in un bacino di acqua ristagnante, chiamato appunto “lama”.

A breve distanza si trova anche la Riserva naturale speciale Isolone di Oldenico, con boschi di pioppi, salici, robinie e, fra gli alberi, una garzaia dove nidificano aironi, garzette, nitticore.

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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