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Nati il 30 aprile: il partigiano cuneese Duccio Galimberti

Si chiamava Tancredi, ma venne sempre chiamato ed è passato alla storia con il diminutivo di Duccio. A Cuneo gli hanno dedicato la piazza più importante e il CLN a guerra conclusa lo ha proclamato Eroe nazionale. Duccio Galimberti è stato indubbiamente la figura più importante della Resistenza piemontese, molto stimato e amato dai compagni e dalla gente comune per la sua grande umanità, la sua saggezza, il suo coraggio, la sua forte volontà di mettere fine alle crudeltà perpetrate dai nazisti e dai fascisti verso la popolazione inerme.

Tancredi Achille Giuseppe Olimpio (questo il suo nome completo) nasce a Cuneo il 30 aprile 1906 in una famiglia borghese: il padre è prima ministro delle Poste nel governo di Giolitti e poi senatore fascista. Laureatosi in giurisprudenza, Duccio incomincia subito a lavorare nello studio del padre. La madre Alice Schanzer, poetessa e studiosa di inglese e letteratura, contribuisce alla sua formazione mazziniana e avversa al fascismo. Duccio potrebbe dedicarsi alla carriera forenze senza troppi pensieri, ma la sua coscienza e la sua sensibilità non gli permettono di ignorare la situazione del suo Paese, vessato dalla dittatura. Entra così in contatto con gli ambienti antifascisti torinesi e nella sua casa di Cuneo cominciano a incontrarsi persone che condividono le stesse idee di libertà e giustizia. Il giovane decide di aderire al Partito d’azione e al movimento Giustizia e Libertà.

Già fra il 1940 e il 1942 Galimberti tenta di organizzare gruppi antifascisti, ma è con il 1943 che esce clamorosamente allo scoperto: il 26 luglio dalla finestra del suo studio su una piazza centrale di Cuneo (che oggi, come detto, porta il suo nome) arringa la folla chiamando tutti alla lotta: “La guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del partito fascista”.

Alla caduta di Mussolini, nel luglio del 1943, esprime pubblicamente le proprie convinzioni e incita la folla a organizzare la resistenza contro i tedeschi e a continuare la guerra fino alla cancellazione di qualunque forma di nazismo. Contro di lui viene emesso un mandato di cattura e, nel settembre 1943, dopo l’armistizio, si rifugia nelle valli cuneesi, organizzando, insieme ad altri compagni, la banda partigiana “Italia Libera”, da cui nasceranno le brigate Giustizia e Libertà. Dal 5 aprile 1944 è a capo del “Comando Militare Regionale Piemontese” con la qualifica di tenente colonnello. E’ in quelle valli che sorgeranno varie libere repubbliche, e si instaureranno i primi rapporti internazionali dell’Italia libera: il patto di Barcellonette è il primo trattato internazionale dell’Italia libera, sancito il 30 maggio del 1944 fra i partigiani italiani di Giustizia e Libertà e una delegazione dei partigiani francesi, sulla collaborazione politico-militare fra i due fronti.

Il francobollo commemorativo in occasione del centenario della nascita

Nel gennaio 1944 Galimberti viene ferito: curato sul campo da una dottoressa ebrea sfuggita ai nazisti, e poi in ospedale, riesce a ristabilirsi. Viene nominato comandante di tutte le formazioni GL del Piemonte e loro rappresentante nel Comando militare regionale. Si sposta quindi a Torino, ma il 28 novembre viene arrestato e condotto nel carcere “Le Nuove”. Interrogato e torturato da una squadra di fascisti, non rivela i nomi degli amici partigiani. Quattro giorni dopo viene prelevato dalle Brigate Nere di Cuneo che lo trasferiscono nella loro caserma; qui viene torturato e seviziato. Il 4 dicembre viene freddato con una raffica alla schiena ai bordi di una strada. L’assassinio verrà poi presentato come la reazione a un tentativo di fuga. Medaglia d’Oro al Valor Militare e Medaglia d’oro della Resistenza, viene proclamato Eroe nazionale dal CLN piemontese.

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